Coding e Sviluppo del pensiero computazionale

Pensiero computazionale a scuola e i vantaggi del coding

È il 1837, Charles (Babbage) presenta alla comunità scientifica la sua idea di un calcolatore meccanico universale. È il 1842, Ada (Lovelace) lavora alla descrizione della macchina di Charles e per illustrarne il funzionamento concepisce il primo programma. Passano 100 anni. È il 1936, Alan (Turing) presenta il modello concettuale di una macchina in grado di eseguire istruzioni in sequenza e leggere e scrivere simboli su un nastro. È il 1938, Alan discute la sua tesi di PhD a Princeton sulla calcolabilità. Passano altri 80 anni, solo 80 anni. È il 2018, le macchine teorizzate da Charles e Alan sono diventate reali e hanno rivoluzionato il mondo e l’idea stessa di innovazione e l’esercizio di programmazione fatto da Ada pensando ad una macchina inesistente è diventato la professionalità più ricercata sul mercato del lavoro per far funzionare i miliardi di oggetti programmabili esistenti che usiamo ogni giorno.
Le straordinarie ricadute pratiche delle intuizioni di Charles, Ada e Alan sono conseguenza della profonda rivoluzione concettuale insita nell’idea stessa di macchina programmabile: la separazione tra la macchina (hardware) e il programma (software), elementi complementari e indispensabili; la separazione di ruoli tra chi scrive il software (programmatore) e chi lo esegue (esecutore). Chi programma descrive un procedimento in modo talmente rigoroso da poterne affidare l’esecuzione senza ambiguità ad un esecutore ideale, che farà tutto e solo quello che il programma prevede. La programmazione è un atto creativo assoluto, perché non si ferma all’intuizione di un’idea, ma esprime un procedimento costruttivo per realizzarla. E se la rappresentazione del procedimento è talmente rigorosa da poter essere affidata ad una macchina, la descrizione contiene, in potenza, l’essenza stessa del risultato a cui condurrà l’esecuzione automatica di quel procedimento ogni volta che verrà ripetuta.

Linguaggi di programmazione, una rivoluzione utile alla scuola

Per esprimere i procedimenti esistono tanti linguaggi di programmazione, straordinariamente espressivi, rigorosi ed efficienti. Ma nessun linguaggio vale quanto i procedimenti che consente di esprimere, che esistono a prescindere dal linguaggio utilizzato per rappresentarli. I procedimenti costruttivi che portano alla soluzione di un problema attraverso la concatenazione di passi elementari sono algoritmi. Un problema per cui esista una soluzione algoritmica è risolto per sempre, in qualunque forma si presenti e qualunque sia la tecnologia disponibile per risolverlo. Per questo gli algoritmi possono essere considerati tra le più alte conquiste del genere umano e vengono prima della tecnologia.

Questa rivoluzione come coinvolge la scuola? Almeno in 3 modi, anzi in 4.

  1. L’informatica a scuola. Quello a cui Charles, Ada, Alan e tanti altri hanno dato vita è l’informatica, la scienza che studia l’elaborazione automatica delle informazioni. C’è bisogno che questa scienza diventi anche in Italia una disciplina scolastica affinché tutti possano conoscerne le basi, comprenderne le potenzialità ed eventualmente farne una professione.
  2. L’educazione civica digitale. Nessuno dovrebbe lasciare la scuola dell’obbligo senza aver acquisito, tra le altre, le competenze digitali necessarie ad essere utenti consapevoli delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e ad esercitare appieno i propri diritti di cittadinanza.
  3. Le tecnologie per la didattica. La didattica può beneficiare come ogni altro settore dell’innovazione tecnologica (attenzione, “può” non “deve”). Questo richiede valutazioni attente e, dove ritenuto opportuno, investimenti nella formazione degli insegnanti, nelle infrastrutture, nelle attrezzature e negli ambienti di apprendimento.
  4. Il pensiero computazionale. La capacità di elaborare soluzioni algoritmiche e di esprimerle in modo talmente rigoroso da poterne affidare l’esecuzione ad una macchina è stata recentemente definita pensiero computazionale. Questa capacità merita di essere coltivata e applicata in modo interdisciplinare perché costituisce una sorta di fertilizzante che prepara il terreno per l’uso consapevole della tecnologia e per la comprensione profonda degli aspetti computazionali delle attività che svolgiamo e della realtà che ci circonda. Il Consorzio CINI si è fatto promotore dell’elaborazione di una prima Proposta di Indicazioni Nazionali per l’Insegnamento dell’Informatica nella Scuola. Il MIUR sta elaborando un Sillabo di Educazione Civica Digitale e raccogliendo risorse aperte da mettere a disposizione delle scuole per sviluppare i temi previsti. Alle tecnologie didattiche e agli ambienti di apprendimento da anni si dedicano studi, ricerche, sperimentazioni, corsi di formazione e Programmi Operativi Nazionali. Per il pensiero computazionale c’è il coding.

    Il primato dell’Italia nel coding

    Il termine coding, che alla lettera significa programmazione, è entrato nell’uso comune per indicare attività didattiche e ludiche ispirate alla programmazione, che sono talmente intuitive da poter essere praticate in modo istintivo, permettendo a chiunque di provare l’esperienza di programmare un esecutore ideale concentrandosi più sul procedimento che sullo studio del linguaggio per esprimerlo. Le attività di coding sono sufficientemente versatili, ricche e immediate da poter essere applicate alla pratica didattica in ogni disciplina e in ogni ordine di scuola, con il duplice beneficio di contribuire allo sviluppo del pensiero computazionale e di applicarlo alla comprensione della disciplina oggetto dell’attività. La Commissione Europea ha appena pubblicato il Digital Education Action Plan, in cui indica come obiettivo che il coding venga praticato in ogni scuola entro il 2020 e che almeno il 50% delle scuole europea prenda parte a Europe Code Week, la campagna per la diffusione del pensiero computazionale. Al pensiero computazionale è dedicato il paragrafo 5.4 delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo, appena pubblicate dal MIUR, che lo inseriscono tra gli strumenti culturali per la cittadinanza.

    La pratica del coding è la più semplice e pervasiva delle azioni da intraprendere per portare nella scuola la visione di Charles, Ada e Alan. Le attrezzature passano in secondo piano, perché il pensiero computazionale non ha bisogno della tecnologia, è la tecnologia che ha bisogno del pensiero computazionale. Per praticare il coding bastano la consapevolezza e la volontà degli insegnanti ed è grazie a decine di migliaia di insegnanti che si sono già messi in gioco che l’Italia è il primo paese al mondo per la diffusione del coding nella scuola.

(fonte: https://www.agendadigitale.eu)

 

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